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Walter Garosi, toscano, follonichese di nascita, veneziano di adozione.

La fotografia in quanto arte si prefigge di comunicare ed ogni artista cerca di farlo partendo dal suo punto di vista.
È un modo per esprimere la propria opinione, per riflettere su ciò che ci circonda. Ogni volta che si scatta un’immagine lo si fa dopo una serie di scelte, più o meno consapevoli, in cui si decideranno il punto di ripresa, l’ottica da usare, il diaframma, il tempo, ma anche il luogo, l’ora del giorno, lo stile. Alla fine di tutto ciò c’è sempre, quindi,  la volontà di preferire un aspetto piuttosto che un altro. Il fascino della fotografia sta proprio nel cercare il proprio punto di vista.

Mi piacciono quegli scatti che riescono a raccontarti tutta la storia in un attimo (quello che H.C. Bresson chiamava il momento decisivo). Quegli scatti dove riesci a pensare quello che sta pensando il soggetto, quelli dove il fotografo è stato così bravo da farti entrare nella storia.

Sempre più spesso mi rendo conto che per raccontarla “la storia”, bisogna viverla ed esser li, bisogna capirla prima di poterla raccontare. R. Capa diceva che “se le tue foto non sono abbastanza buone significa che non sei abbastanza vicino”, e lui era nell’acqua il giorno del D-day mentre i proiettili gli fischiavano accanto.

A volte è un istante atteso a lungo, studiato e preparato, altre volte è solo il grande colpo d’occhio del fotografo e la sua prontezza nel saper anticipare lo scatto di quel tanto che ti fa preparare l’attrezzatura. Certo ogni tanto un po’ di fortuna aiuta, come in tutte le cose della vita, però quando la foto che cerchi decide di farsi trovare, bisogna che tu sia pronto con la macchina fotografica in mano.

Al giorno d’oggi i vari Social Network hanno accelerato tutto, non c’è più tempo da dedicare alla qualità. S.Salgado, impiega anni a realizzare un suo lavoro,  però  quando lo presenta, è per destinarlo alla storia.

Con il mio mestiere di musicista, fotografare è stato un modo per conoscere, ricordare e raccontare sia i luoghi in cui venivo chiamato a suonare, sia le persone che incontravo, anche se ai generi del ritratto e delle street sono arrivato più tardi perché prima ho dovuto vincere un po’ l’imbarazzo che non ti fa alzare la macchina fotografica per non disturbare.

Ho incontrato molti bravi musicisti e da quasi tutti sentivo citare una massima da strumentisti: “bisogna studiare la tecnica fino a dimenticarla”. Beh, credo che possa valere anche nella fotografia.

Molte sono le occasioni per apprendere la tecnica, ci sono sempre più sofisticati sistemi di editing e post-produzione; molte persone davanti ad una foto chiedono le specifiche del materiale: fotocamera, ottica, software… a me invece piace apprezzare quello che sta dentro la foto. E’ ciò che sta dentro l’arte, che la rende senza tempo per l’umanità… le tecniche passano in fretta.

E.Erwitt diceva: “Tutti possono avere una matita e un pezzo di carta, ma pochi sono i poeti”.

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